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COMUNITA’  PARROCCHIALI
realtà e ideale



     
  Per Natale, niente critica di costume: fermiamoci a riflettere su una bella cosa. Questa bella cosa è la comunità parrocchiale, la piccola cellula che, unita alle altre, costituisce il popolo di Dio, l’insieme delle persone che con la fede e il Battesimo diventano figli di Dio.

        La comunità parrocchiale è una società nella società. Si può dire che ogni paese, ogni città è una società; ma nella parrocchia i rapporti sono più stretti e offrono migliori possibilità di conoscenza, di stima, e di aiuto.

        Quando nasce un bambino la società civile richiede solo la notizia del giorno e dell’ora della sua nascita e il  suo nome. La comunità parrocchiale, invece, lo accoglie nella chiesa e solo per lui celebra il rito solenne del Battesimo. Quando il bambino arriva a distinguere il bene dal male, la Chiesa gli fa il dono del suo tesoro più prezioso: il corpo di Cristo nella prima comunione. Quando il giovane cresce e oscilla tra i progetti e le tentazioni, il vescovo in persona gli fa il dono della Cresima, per orientarlo sulla buona strada. Quando due giovani decidono di creare una nuova famiglia, la società civile richiede solo i dati per fare le pubblicazione e informare i cittadini del fatto. La Chiesa, esperta in umanità, sapendo che la creazione di una nuova famiglia è un fatto importante, pieno di possibilità e di difficoltà, invita i giovani a prepararsi seriamente frequentando i corsi prematrimoniali.

        Quando un cristiano muore, la società civile s’impegna a seppellirlo, ma la Chiesa lo accoglie ancora una volta nella comunità e, solo per lui, compie un rito di rispetto e di onore, e conforta parenti e amici  col pensiero che la morte non è la fine di tutto, ma il passaggio ad altra vita.

        Nella comunità parrocchiale sono bene accolti tutti: giovani e anziani, ricchi e poveri, santi e peccatori, genitori con piccini e carrozzelle,  diversamente abili con assistenti e carrozzelle. Non si paga per entrare, nessuno ci paga per la presenza, chi arriva primo, prende il poso che vuole, alla Comunione nessuno ha la precedenza; fatto simbolico di uguaglianza e perfetta democrazia.

        La comunità parrocchiale, che si realizza specialmente nell’assemblea domenicale, si distingue da tutte le altre assemblee: sindacali, economiche, sportive e politiche, perché inizia con l’esame di coscienza, seguito da quel mea culpa, mea culpa, che distrugge l’orgoglio e l’aggressività che spesso turbano le altre assemblee.

        Inoltre, l’assemblea domenicale offre a tutti la possibilità di sostenere iniziative lodevoli di sostegno alle missioni, al seminario, al sostegno del clero, alla redenzione di giovani deviati.

        La partecipazione alla messa domenicale è l’immersione in un clima di confortevole speranza, nella cornice di pittura, scultura, architettura, musica e fiori, realizzati come omaggio a Dio e a diletto nostro.

        Le comunità parrocchiali sono tutte belle realtà?  Generalmente, sì, anche se tutte possono aspirare all’ideale di più stretti legami di stima e di affetto tra i fedeli e il parroco, tra i fedeli e il consiglio parrocchiale, tra gli stessi fedeli. La comunità ideale è quella che continua anche in piazza, nelle strade, nelle case.

        Quando due vicini di casa sono della stessa parrocchia, potrebbero essere come amici e parenti, persone di reciproca stima e fiducia. “Mi presti due uova? Sì, e tu mi presti un limone?  Puoi tenere le chiavi della mia casa? Sì, e tu puoi guardarmi la bambina?  Certo!”  E così via.

        Così la comunità parrocchiale diventa il modello della più alta civiltà.

        E buon Natale.

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