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La ribellione delle masse

Filosofia morale



LA  RIBELLIONE  DELLE  MASSE
opera profetica di Ortega y Gasset


        La società è una realtà complessa verso la quale abbiamo dei doveri e dalla quale abbiamo diritto di ricevere assistenza e protezione. Dalla famiglia riceviamo l’essere e dalla società attendiamo il benessere.

        Le menti più acute della cultura occidentale hanno studiato questa realtà: Platone, Aristotele, S. Agostino, S. Tommaso, Campanella, Hobbes, Kant, Hegel, Marx e altri hanno cercato di definire cos’è la società, quali regole deve darsi, quali sono le cause dei suoi errori e i rimedi agli errori stessi.

        Anche Ortega ha analizzato la società e i suoi problemi, e la sua analisi è stata così acuta e convincente che la sua opera La ribellione delle masse
del 1930 è stata posta sullo stesso livello del Contratto sociale di Rousseau (1700) e del Capitale di Marx (1800).

        Ortega, nato a Madrid nel 1883 e morto ivi nel 1955, fu definito filosofo liberale spagnolo. Filosofo: giornalista diventato filosofo, non sistematico, di formazione filosofica tedesca. Liberale, di un liberalismo autentico di fondo, che non vide mai realizzato nei governi spagnoli del suo tempo. Spagnolo, pieno di amore-odio per la sua Spagna, che giudicava invertebrada, senza spina dorsale, bisognosa di redenzione, cioè di europeizzazione  (o germanizzazione).

        E’ un piacere scoprire la struttura, il messaggio di fondo, il sapore di un’opera piena di cultura, di giudizi, di proposte. Lo stile è invitante, scorrevole, giornalistico nel senso migliore, aristocratico e pungente quanto basta.

        Poche parole per ogni capitolo:

.1 Il fenomeno dell’agglomeramento.
 Le città sono piene di gente. Le case, piene d’inquilini. Gli alberghi, pieni di ospiti, i treni pieni di viaggiatori. I caffè, pieni di consumatori. Le strade, piene di passanti. Le anticamere dei medici più noti, piene d’ammalati. Gli spettacoli, appena non siano molto estemporanei, pieni di spettatori. Le spiagge, piene di bagnanti. Quello che prima non soleva essere un problema, incomincia ad essere quasi ad ogni momento: trovar posto. (Nel 1930!)

        La socializzazione dell’uomo è una faccenda paurosa: perché non si limita a esigere che il mio sia per gli altri – proposito eccellente che a me non reca disagio alcuno – ma che mi obbliga a far mio ciò che è degli altri. Per esempio: adottare le idee e i gusti degli altri, di tutti. Proibita ogni proprietà privata , compresa quella di avere convinzioni per uso esclusivo di ognuno.

        Adesso, di colpo, molti uomini ritornano ad avere la nostalgia del gregge. Si abbandonano con passione a ciò che in essi c’era ancora della natura delle pecore. Vogliono marciare nella vita uniti, in un cammino collettivo, lana contro lana, e il capo chino. Per questo in molti paesi d’Europa si vanno cercando un pastore e un mastino.

        Oggi assistiamo al trionfo di una iperdemocrazia in cui la massa opera direttamente senza legge, per mezzo di pressioni materiali, imponendo le sue aspirazioni e i suoi gusti. Nel passato… la massa presumeva che, in ultima analisi, con tutti i loro difetti e le loro magagne, le minoranze dei politici s’intendessero degli affari pubblici un po’ più di essa. Adesso, invece, la massa ritiene di avere il diritto d’imporre e dar vigore di legge ai suoi luoghi comuni da caffè.

2  e  3.  L’ascesa del livello storico e l’altezza dei tempi.
  Il livello storico è salito nel senso che le masse hanno raggiunto il livello di vita, piaceri  e diritti prima riservati alle élite; e questo fatto ha le sue radici nelle idee di alcune minoranze del 1700, nelle quali è affermato questo principio: “Per il solo fatto di nascere l’uomo ha certi diritti fondamentali, uguali per tutti”. L’ascesa delle masse sul palcoscenico della storia può essere un pericolo gravissimo oppure il presupposto di grandi possibilità positive.

        Ma quale criterio possiamo prendere per giudicare il livello di civiltà di un tempo storico? In molte epoche si è parlato della età dell’oro. Agli inizi del ‘900 (belle époque) si pensò di essere arrivati nella pienezza dei tempi, e invece si era vicini a una catastrofe. L’età dell’oro è quella della massima tensione vitale: “Il cammino è meglio delle soste” (Cervantes).

        Il nostro tempo? E’ superiore agli altri e inferiore a se stesso: orgoglioso e timoroso, incerto.

4. L’aumento della vita.
 La vita si è resa effettivamente mondiale: i Sivigliani seguivano sui giornali la conquista del Polo…giornale e schermo…; possibilità di comprare , di sapere, di viaggiare.

5. Un dato statistico.
 Dal 1800 al 1914 la popolazione europea ascende da 180 a 460 milioni. A tale massa di uomini si è potuto insegnare le tecniche della vita moderna, ma non si è riusciti ad educarla, cioè a spiegare che il funzionamento della società è legato a problemi tradizionali e complessi. E così il potere pubblico è controllato dal potere delle masse e vive alla giornata.

6. Comincia la vivisezione dell’uomo-massa.
L’uomo-massa è quello che dà libera espansione ai suoi desideri vitali; questa possibilità è un dono messo a sua disposizione dalla democrazia liberale e dalla tecnica del sec. XIX°. L’uomo-massa dimostra la più assoluta ingratitudine verso tutto ciò che ha migliorato la sua esistenza. E’ come un bimbo viziato e ignorante che considera le automobili elementi della natura , come il sole che spunta ogni mattina.

7. Vita nobile e vita volgare.
Vita nobile è quella di chi si appella a una norma superiore a lui, al cui servizio si pone liberamente. Vita volgare è quella di chi è soddisfatto di sé e si ritiene superiore a tutti. E cita Goete: “Vivere a proprio gusto è da plebeo; l’animo nobile aspira a un ordine e alla legge”. Per me, nobiltà è sinonimo di vita coraggiosa, posta sempre a superare se stessa, a trascendere ciò che è, verso ciò che si propone come dovere ed esigenza.

8. L’intervento violento delle masse.
 Poiché l’uomo-massa a causa dell’ignoranza  e dell’orgoglio è sordo al dialogo (fondamento della civile convivenza), passa all’azione diretta (prima era ultima ratio  ora è prima ratio) in tutti i campi. E’ la pretesa di dirigere la società stessa senza averne la capacità. La barbarie è assenza di norme.

9.  Primitivismo e tecnica.
L’uomo-massa è un primitivo ignorante e presuntuoso che gode di tutti i prodotti della tecnica e non fa nulla per sostenere la tecnica e la ricerca; è come un selvaggio dell’Africa centrale che si serve dell’auto o dell’aspirina, senza sapere come possano esistere.

10. Primitivismo e storia.
L’uomo-massa è un primitivo che non tiene conto della storia, cioè delle radici che hanno prodotto i frutti di cui si ciba. E allora rischia di fare rivoluzioni antistoriche, ingenue, come quella fascista o quella comunista. Non può o non vuole capire che il liberalismo è successivo al non liberalismo e che nella storia non si può tornar indietro. Si può soltanto digerire il liberalismo e perfezionarlo.

11. L’epoca del signorino soddisfatto.
L’uomo-massa è come un signorino soddisfatto che segue tutti i suoi capricci, sprecando ciò che gli altri hanno accumulato prima di lui. Non si preoccupa degli altri e del futuro e si permette tutto come “figlio di famiglia”.

12. La barbarie dello specialismo.
Lo specialista è un saggio-ignorante. Saggio per quel frammento di universo che conosce e ignorante riguardo a tutto il resto. Lo scienziato, per dover sempre ridurre il suo ambito di ricerca, va progressivamente perdendo contatto con le altre parti della scienza, vale a dire con una interpretazione totale dell’Universo, che è l’unica a meritare i titoli di scienza, cultura, civiltà europea. Il male è quando, col prestigio che gode, osa parlare di tutto, anche di quello che non conosce bene.

13. Il maggior pericolo: lo Stato.
In una società ordinata la massa non può agire da se stessa e deve riferirsi a minoranze eccellenti. La massa può agire da se stessa solo col linciaggio. Dove trionfa la massa, trionfa la violenza. Alcuni secoli fa il potere sociale prevaleva sul potere dello Stato. Ma dal 1848, quando la borghesia è andata al governo, lo Stato si è sempre più rafforzato, e oggi la statizzazione è il maggior pericolo per la civiltà. Lo statismo è la forma superiore che assumono la violenza e l’azione diretta costituite a norma.

14. Chi comanda nel mondo?
Risposta: comanda chi ha il sostegno dell’opinione pubblica. Il comando che si basa solo sulla forza non è autentico e non può durare. Talleyrand disse a Napoleone: “Con le baionette, sire, si può fare tutto, tranne una cosa: sedervisi sopra”. A volte, però, l’opinione pubblica non esiste. Allora la forza bruta prende il suo posto.

        Chi comanda nel mondo? L’Europa non comanda più, perché è demoralizzata, nel senso che è priva di una morale, che consiste sempre in un compito. America e Russia non comandano in quanto sono solo camuffamenti della civiltà europea. L’Europa è come un’aula scolastica dalla quale si è allontanato il maestro, colui che mantiene l’ordine proponendo un compito: gli alunni non fanno altro che capriole.

        Chi vive una vita nobile o comanda o ubbidisce per la realizzazione di un ideale che è oltre la vita. Chi è demoralizzato vive una vita volgare: né comanda, né ubbidisce.

        L’Europa può tornare alla guida morale del mondo se diventa una comunità sovranazionale. Il pessimismo, lo scoraggiamento che oggi pesa sull’anima continentale somiglia assai a quello del volatile di ampia ala, che nel percuotere i suoi grandi remi si ferisce nei ferri della gabbia.

        La città, la polis
è nata come sun oikia, cioè accordo di vivere insieme, superando il limite cellulare della famiglia; così dev’essere di ogni nazione e della comunità sovranazionale. Lo Stato è una realtà complessa e difficile, un plebiscito quotidiano (Renan). Dunque, unica salvezza per l’Europa è fare gli Stati Uniti d’Europa.

         L’opera di Ortega “La ribellione delle masse” termina con un capitolo brevissimo, di sole quattro pagine, che contiene il messaggio di fondo di tutta l’opera.

15.Il vero problema. Questo è il problema:l’Europa è rimasta senza una morale.
Non è che l’uomo-massa disprezzi la moraleantiquata a vantaggio di un’altra che si annunzia; ma è che il centro del suo regime vitale consiste precisamente nell’aspirazione a vivere senza sottoporsi a nessuna morale. Chi non ha una morale non è amorale, ma immorale.

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