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L'etica di Aristotele - Pane al pane

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L'etica di Aristotele

Filosofia morale
L’ETICA DI ARISTOTELE


        Felicità, bene, piacere, virtù, sono quattro parole su cui girano, come in giostra, i pensieri e le azioni degli uomini, da sempre. Molti secoli fa, spiriti eletti, non distratti da telefonini o internet, hanno riflettuto sul significato profondo di queste parole, l’ hanno confrontato con le azioni umane e hanno scoperto il relativo esito finale.

        La scienza che ancora oggi tratta di questi problemi è quella parte della filosofia che si chiama ética, dalla parola greca “ethos” che significa costume. In senso lato ética è lo studio dei comportamenti umani, così come sono; in senso più ristretto è la scienza di come devono essere i comportamenti umani al fine di formare una società civile.

        Però vi sono tante filosofie, cioè varie concezioni della vita, quanti sono i filosofi, quindi abbiamo diverse étiche. Ma in base al proverbio “veritas filia temporis”la verità è figlia del tempo
, conservano il loro valore solo quelle che, alla prova dei fatti, danno buoni risultati. Dal momento che gli uomini devono vivere e convivere, è logico pensare che etiche diverse e contrarie disgregano le società, che invece vivrebbero nella pace – tranquillità nell’ordine – se tutti rispettassero le stesse regole morali.  Ogni uomo deve scegliere una morale e lo scopo finale della cultura e dell’educazione è di scegliere una morale che si armonizzi con quella degli altri, con l’approvazione del buon senso, che precede ogni filosofia, e della propria coscienza.

        Ma, come nella storia dell’arte, solo alcune opere emergono come capolavori di valore perenne, così nella storia del pensiero alcune etiche restano come scoperte e norme di valore perenne: una di queste opere è l’ETICA di Aristotele. (384 – 322 a.C.)

Veramente ne ha lasciate tre, ma la più completa è l’Etica Nicomachéa,  diretta al figlio Nicòmaco.

        Ecco il ragionamento del grandissimo filosofo. Le azioni degli uomini hanno un fine che in ultimo è la felicità. Ma la felicità consiste in qualcosa che è proprio della natura umana: la ragione, che ci distingue dal regno vegetale e da quello animale. Nell’uomo sono presenti le funzioni vegetative, come alimentazione e crescita, e le funzioni sensitive, comuni con gli animali; ma certo l’uomo non può fermarsi agli impulsi degli animali, che sono condizionati dall’istinto, non sono quindi liberi né responsabili. Dato che l’uomo è libero e responsabile, deve conoscere e controllare i propri istinti per non danneggiare se stesso né gli altri.

E qui compare la grande lezione di Socrate: “conosci te stesso”.  Ma chi controlla gl’istinti?  Li controlla quella forza che si chiama virtù. Con infinita saggezza propone un elenco di virtù, concepite come un comportamento a metà strada tra due eccessi: il troppo e il troppo poco. Il coraggio
è il giusto mezzo tra la viltà e la temerarietà; la generosità è il giusto mezzo tra l’avarizia e la prodigalità; la magnanimità è il giusto mezzo tra la vanità e la meschinità; la temperanza è il giusto mezzo tra l’intemperanza e l’insensibilità; la mansuetudine è il giusto mezzo tra l’irascibilità e l’indolenza.

        Come la scoperta della ruota è una scoperta di valore perenne, così le scoperte di Aristotele sulla natura e le norme degli atti umani sono scoperte di valore perenne. Infatti nella cultura degli ultimi duemila anni Aristotele è sempre stato presente.   Agli spiriti più eletti egli ha proposto una morale ancora più alta: la dedizione alla scoperta delle verità più alte, alla contemplazione dell’ Assoluto, del primo Motore Immobile, da cui tutto ha origine. E’ quasi una proposta di vita ascetica su un piano trascendente, quello religioso.

        La bellezza e la ricchezza del pensiero aristotelico dovrebbe essere patrimonio di tutti, specialmente di quanti sono scelti per fare le leggi, per guidare uno Stato, per favorire il benessere della società. Ma soltanto il benessere del corpo, come piante o animali o anche il benessere dello spirito come uomini? Nel clima culturale del nostro tempo, i valori perenni che sono norme necessarie delle azioni umane, sono offuscate da un diffuso e comodo relativismo: si mette in dubbio tutto per fare ciò che è più comodo. Il pensiero illuminante di Aristotele è un punto di riferimento e di conforto per le anime nobili.

Star bene o star buoni? L’uno e l’altro: stando buoni si finisce anche di star bene. Di vizi, si può morire, di virtù, no.


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