Statistiche Pane al pane - Pane al pane

La morale di Epicuro - Pane al pane

titolo sito
Vai ai contenuti

La morale di Epicuro

Filosofia morale

LA MORALE DI EPICURO
rettamente intesa


        Chi sa qualcosa di Epicuro sa che è un  filosofo della Grecia antica, e che ha detto che il fine della vita è il piacere.  Poiché i piaceri non sono  tutti onesti, si è pensato che Epicuro sia un maestro poco raccomandabile.

        Visse tre secoli prima di Cristo, all’epoca di Aristotele. Ha riflettuto sul fatto che nella vita umana il piacere ha una grande importanza. In opposizione al piacere c’è il dolore ed è chiaro che l’orientamento di tutta la civiltà umana è quello di ridurre o eliminare il dolore.  Un grosso problema è quello della fame nel mondo; la fame è certo un dolore, come ogni malattia. L’enorme mondo della medicina è impegnato a ridurre o eliminare il dolore, ridare la salute, che è un grande piacere. Alle cure mediche ricorrono anche i papi e i santi, e il piacere della salute non ha nulla di impuro.

        Gli avversari di Epicuro, suoi contemporanei, l’hanno descritto come un uomo vizioso. Certo la morale del suo tempo non può essere confrontata con la nostra, maturata in venti secoli di cristianesimo. Però qui non si tratta di giudicare la condotta di Epicuro, ma di conoscere il suo insegnamento, che poteva anche essere in contrasto con la sua condotta, come può avvenire anche oggi a uomini di pensiero.

        Epicuro è religioso e scrive: “Prima di tutto considero l’essenza del divino materia eterna e felice”. Rifiuta la religione popolare perché attribuisce agli dei le stesse debolezze umane.  Non teme la morte: “Quando noi viviamo la morte non c’è: quando c’è lei non ci siamo noi. Apprezza la vita: “…ancora peggio chi va dicendo: bello non essere mai nato. Se è così convinto, perché non se ne va da questo mondo? Nessuno glielo vieta”.

        Riflette seriamente sulla varietà dei desideri: “Teniamo presente per quanto riguarda i desideri, alcuni sono naturali, altri sono inutili, e fra i naturali solo alcuni quelli proprio necessari. Una ferma conoscenza dei desideri fa ricondurre ogni scelta o rifiuto al benessere del corpo e alla perfetta serenità dell’animo”.

        Afferma che il piacere è un bene primario e naturale per noi, ma precisa: “Non scegliamo ogni piacere. Talvolta conviene tralasciarne alcuni da cui può venirci più male che bene e giudicare alcune sofferenze preferibili ai piaceri stessi. Certe volte sperimentiamo che il bene si rivela per noi un male, invece il male un bene”. E ancora: “I sapori più semplici danno lo stesso piacere dei più raffinati; l’acqua e un pezzo di pane fanno il piacere più pieno a chi ne manca… Quando dunque diciamo che il bene è il piacere, non intendiamo il semplice piacere dei goderecci, come credono coloro che ignorano il nostro pensiero, e lo avversano o lo interpretano male, ma quando aiuta il corpo e l’animo ad essere sereno.  Perché non sono di per se stessi i banchetti, le feste, il godersi fanciulli e donne, i buoni pesci e tutto quanto può offrire una ricca tavola che fanno la dolcezza della vita felice, ma il lucido esame delle cause di ogni scelta o rifiuto, al fine di respingere i falsi condizionamenti che sono per l’animo causa d’immensa sofferenza.

        Principio e bene supremo è l’intelligenza delle cose … Essa ci aiuta a comprendere che non si dà vita felice senza che sia intelligente, bella e giusta; né vita intelligente, bella e giusta priva di felicità, perché le virtù sono connaturate alla felicità e da questa inseparabili”.

        Ancora un lampo della sapienza di Epicuro: “E’ meglio essere senza fortuna, ma saggi, che fortunati e stolti”.

        Per concludere, la dottrina morale di Epicuro, che scopriamo leggendo qualche brano della sua Lettera sulla felicità – a Meneceo, non è certo la difesa di un piacere incontrollato, ma la proposta di una morale adatta al laico e al credente, frutto della splendida luce della filosofia greca.

Torna ai contenuti