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giornalisti e capi di governo

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GIORNALISTI E CAPI DI GOVERNO


        Un tempo, i capi di Stato e di Governo vivevano in una specie di città proibita, dalla quale uscivano poche notizie, sempre sul filo di onore e gloria. Era il tempo del potere assoluto.  Poi sono venuti gli Statuti che riconoscevano certi diritti ai sudditi. Poi la democrazia ha stabilito che il potere si fonda sul popolo, che elegge i suoi rappresentanti che costituiscono il Governo.

        Il Governo agisce e l’opposizione lo controlla. Però c’è anche il mondo della stampa che vuole controllare il Governo. E’ suo diritto e sua funzione informare  il popolo su ciò che il Governo fa, La libertà di stampa è un  diritto rispettato nelle società democratiche; mentre nelle dittature la stampa è serva e schiava dell’unico signore di turno.

        Ma la  libertà di stampa – e di televisione -  non si accontenta di informare sui “fatti”; s’interessa dei progetti, delle intenzioni, dei bisticci, in alto e in basso, e si schiera pro o contro il Governo, secondo la volontà del padrone del giornale.

      Abbiamo dunque una bufera di messaggi contrastanti che disorientano la gente.

C’è il pericolo che, chi ha più voce nella stampa e nella televisione, possa prevalere senza meritarlo.

        Ora sono di moda trasmissioni politiche nelle quali sono invitati rappresentanti di diversi partiti che, su determinati problemi, sono messi a confronto. Così i cittadini scoprono argomenti che sono occasione di contrasto anche in Parlamento.  Peccato che il giornalista conduttore sovente non sia neutrale, ma favorisca una parte o l’altra e, troppo spesso, non sia capace di fermare la rissa e a far parlare uno per volta. Certi conduttori sono veri arruffapopoli, parlano più degli invitati, tolgono la parola agli avversari e, quando non sanno cosa rispondere, sparano la pubblicità.

        Ma c’è di peggio: sono le trasmissioni in cui l’invitato è uno solo e il giornalista lo sottopone ad interrogatorio. L’invitato può essere un capo politico che può anche aver fatto l’esperienza di Capo del Governo. A questo punto il giornalista recita la parte di Pubblico Ministero e rinfaccia all’ospite, sotto  forma di domande, le critiche al suo operato o pone i problemi di difficile soluzione.

    
   Il mestiere di certi giornalisti è molto comodo. Siccome nessun Governo o Capo di Governo può accontentare tutti, basta radunare gli scontenti per mettere in difficoltà qualunque Capo di Governo.  Però non c’è proporzione tra le esperienze delle due persone: il giornalista deve solo pensare quale argomento  vuole trattare,  mentre il Capo del Governo, al risveglio, è investito ogni giorno da enormi problemi urgenti quali l’ordine pubblico, la finanza, lo sciopero, la Giustizia, la mafia, un convegno internazionale, un terremoto,  un caduto in guerra, il naufragio di una nave e altro.  Al giornalista è facile denunciare un problema, ma è difficile risolverlo e il giornalista non ha provato a risolverlo.          Se fosse al posto del Capo del Governo,  avrebbe i suoi stessi limiti: opposizione in Parlamento, lentezza della burocrazia, funzionari inetti  o infedeli, cittadini disonesti.  Un capo di Governo è stato eletto da milioni di cittadini. La logica vuole che la critica al Governo e al suo capo sia fatta in Parlamento dall’opposizione che almeno è informata di tutte le difficoltà. Il giornalista è stato eletto da nessuno o forse è stato raccomandato da qualcuno.

        Un tempo il maestro interrogava gli alunni. Ora sembra di moda il contrario.

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