recensione
mistero
Recensione del prof. Tommaso Schivo
MISTERO E GIOIA DEL PRESENTE
In un angolo appartato e discreto della nostra terra, fra pini ed agavi, fra mimose e ginestre, un illustre docente, lasciata la scuola e gli impegni cattedratici dopo non pochi decenni, è venuto con la sua Signora a godere del silenzio e della solitudine.
Egli, nato fra le erbe e i fili verdi delle risaie vercellesi, è venuto qui, fra noi, ad ascoltare il murmure del mare, a “far tacere l’audio di tutta la pubblicità”, ad ascoltare in silenzio la sua “voce interiore, il battito del cuore, il ritmo del respiro… a curiosare come un bambino o un sapiente, a comunicare con tutti gli esseri dell’universo”. E dice di se stesso: “La vita è così: il fuoco passa sulla risaia, la purifica e mille creature tornano a vivere”.

Egli, nato fra le erbe e i fili verdi delle risaie vercellesi, è venuto qui, fra noi, ad ascoltare il murmure del mare, a “far tacere l’audio di tutta la pubblicità”, ad ascoltare in silenzio la sua “voce interiore, il battito del cuore, il ritmo del respiro… a curiosare come un bambino o un sapiente, a comunicare con tutti gli esseri dell’universo”. E dice di se stesso: “La vita è così: il fuoco passa sulla risaia, la purifica e mille creature tornano a vivere”.
Come nella vita di ognuno. Il prof. Camandone ha legato nella professione di Maestro e di filosofo l’hobby della fotografia, le fotografie come arte, e ne ha raccolto alcune decine in uno splendido volume “Mistero e gioia del presente” pubblicato nel 1988 dalla Editrice Esperienze di Fossano. Libro elegante, calibrato in tutti i particolari, curato come una creatura che si ama, puntualizzato dal tipo di fotocamera e di obiettivo usato per ogni singola immagine. E’ un vera opera d’arte che si ammira tanto più per le didascalie che sono poesia semplice e dolcissima, poesia d’anima che avvince e fa meditare ogni volta.
Guardare, leggere e meditare è vivere. “L’erba che non dà pane ha lo stesso vestito verde del riso e del grano” ed ecco due ruvide mani contadine che estirpano prima e poi sorreggono gli steli con una immediatezza d’immagini che lascia estasiati, come se fossero vive e palpitanti dinanzi a noi. Ecco una chiesetta alpina fra i sassi e il verde che “apre” il libro della vita: “Ogni momento della vita ha due facce, è una noce col guscio duro e il gheriglio dolce; una nuvola nera che nasconde il sole; un gemito che annuncia una nascita”.
Tutto il libro è un inno alla vita, all’amore, alla pietà e da ogni immagine si trae conforto e luce, speranza e gioia di donare più che di ricevere, perché “gemme dormono sotto la pelle, pelle liscia di ventenne, pelle increspata dalle prime rughe, pelle scolpita da solchi profondi”.
Ecco un cespo di fiori di ciliegio spuntare dal tronco, come quelli che più in alto rivestono i rami.
Ecco un cespo di fiori di ciliegio spuntare dal tronco, come quelli che più in alto rivestono i rami.
Come non ricordare, tuttavia, i colori dell’iride colti dentro un raggio di luce bianca, la fragile bellezza del fiore dei piselli selvatici, l’austerità sconvolgente dell’acciottolato della strada di Erice, le incantate visioni del mar di Liguria, dalle colline di Andora, la sacralità delle montagne innevate e ovunque l’impressione fuggevole, ma che scava nell’animo l’attimo di riflessione: “Le ore della paura potano i rami del nostro orgoglio. Almeno restasse l’umiltà quando è passato lo sgomento…”
Oh non ci siano più guerre, le lotte, il filo spinato dei Lager. Gli “uomini di ferro” pronti ad uccidersi…”No, non fu vera gloria quella cantata da Manzoni per l’Imperatore dei Francesi”. “E non lo sarà mai più”.
Il percorre le pagine e le immagini del prof. Camandone è come ritrovare le fonti della vita e dell’amore, lungo i ruscelli delle risaie, accanto alle vele che volano sull’acqua, nel recinto sommesso di un chiostro, accanto ai “muriccioli di pietra, ricolmi di gerani e di petunie profumate”, sulla soglia di una chiesetta alpina, di fronte al nobile e blasonato Clitunno o lungo gli sconosciuti sentieri di montagna, ai piedi di una croce che croce non è, ma un palo che porta luce e corrente, o ascoltando visivamente la “sinfonia” dell’autunno su cui tornano “i motivi musicali” della primavera e dell’estate nelle foglie della vite che “allevati come figli tanti grappoli dorati, pensa un momento a farsi bella e si veste di rosso come una bambina”.
Oh non ci siano più guerre, le lotte, il filo spinato dei Lager. Gli “uomini di ferro” pronti ad uccidersi…”No, non fu vera gloria quella cantata da Manzoni per l’Imperatore dei Francesi”. “E non lo sarà mai più”.
Il percorre le pagine e le immagini del prof. Camandone è come ritrovare le fonti della vita e dell’amore, lungo i ruscelli delle risaie, accanto alle vele che volano sull’acqua, nel recinto sommesso di un chiostro, accanto ai “muriccioli di pietra, ricolmi di gerani e di petunie profumate”, sulla soglia di una chiesetta alpina, di fronte al nobile e blasonato Clitunno o lungo gli sconosciuti sentieri di montagna, ai piedi di una croce che croce non è, ma un palo che porta luce e corrente, o ascoltando visivamente la “sinfonia” dell’autunno su cui tornano “i motivi musicali” della primavera e dell’estate nelle foglie della vite che “allevati come figli tanti grappoli dorati, pensa un momento a farsi bella e si veste di rosso come una bambina”.
Così il prof. poeta artista si domanda: “Non sono gli anziani giovani vissuti a lungo?”. Nello stesso modo il crepuscolo sul mare di Capo Rollo gli ricorda quello “sereno” della vita, “un saluto affettuoso, nel sereno tramonto, ai pini robusti, agli oleandri generosi, alle palme superbe, alle mimose profumate, alle agavi possenti, ai ridenti gerani. Vi amo (dice il poeta) ma mi ritiro in silenzio per lasciare il posto ai bambini del Duemila, che vi ameranno come me”.

Potrei continuare per tante pagine ancora, per la ricchezza dei temi che accompagnano le immagini e benedico il momento e l’occasione che mi hanno fatto conoscere l’uomo, il cantore, il poeta, l’artista grande.
Conoscevo Fulvio Roiter e la sua “Venice”, Jérôme Darblay nell “Arte di vivere a Venezia”, le stupende immagini liguri della nostra isola ritratta dall’obiettivo di Carlo Tagliafico, magistralmente , ma non pensavo di trovarmi”così vinto, avvinto e convinto, così oppresso d’amor, di piacere” (come direbbe D’Annunzio, signore della parola) dinanzi ad, una vera, grande ricerca di un illustre insegnante e filosofo che ha fatto della poesia e della fotografia , in chiave musicale e pittorica, un’unica, inscindibile, inimitabile opera d’arte.

Potrei continuare per tante pagine ancora, per la ricchezza dei temi che accompagnano le immagini e benedico il momento e l’occasione che mi hanno fatto conoscere l’uomo, il cantore, il poeta, l’artista grande.
Conoscevo Fulvio Roiter e la sua “Venice”, Jérôme Darblay nell “Arte di vivere a Venezia”, le stupende immagini liguri della nostra isola ritratta dall’obiettivo di Carlo Tagliafico, magistralmente , ma non pensavo di trovarmi”così vinto, avvinto e convinto, così oppresso d’amor, di piacere” (come direbbe D’Annunzio, signore della parola) dinanzi ad, una vera, grande ricerca di un illustre insegnante e filosofo che ha fatto della poesia e della fotografia , in chiave musicale e pittorica, un’unica, inscindibile, inimitabile opera d’arte.